L’appaltatore inadempiente deve risarcire al condominio i danni per la perdita del bonus facciate.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 13 febbraio 2024, n. 21607 ha condannato l’impresa appaltatrice inadempiente al risarcimento dei danni subiti dal condominio committente per la perdita del beneficio fiscale del bonus facciate.

Il citato Tribunale, ha dichiarato risolto per inadempimento dell’impresa appaltatrice un contratto di appalto avente ad oggetto la ristrutturazione di un fabbricato condominiale ed ha condannato la stessa impresa al risarcimento dei conseguenti danni patiti dal condominio committente.

Nel caso di specie, il contratto d’appalto si fondava sulla normativa inerente al c.d. “bonus facciate”, caratterizzato dalla modalità di pagamento del corrispettivo mediante il c.s. “sconto in fattura” e della cessione dei crediti fiscali.

Le difficoltà riscontrate dalla ditta appaltatrice a reperire istituti bancari che scontassero i crediti fiscali non sono state ritenute sufficienti dal Tribunale di Roma a giustificare il mancato adempimento da parte dell’impresa all’obbligo contrattuale di eseguire i lavori. In particolare è stata precisata la “(…) non rilevabilità d’ufficio della presupposizione (…)”, in quanto “(…) il contratto era stipulato concordemente sul presupposto tacito e comune della scontabilità delle detrazioni fiscali (…)”.

È infatti pacifico che l’appaltatore è tenuto alla realizzazione di un’opera idonea a soddisfare le esigenze contrattualmente concordate con il committente, anche al fine del conseguimento degli effetti vantaggiosi eventualmente previsti dalla normativa fiscale.

Per cui, in caso di inadempimento rispetto agli obblighi gravanti, l’appaltatore sarà tenuto al risarcimento dei danni originati dal suo comportamento non conforme alla diligenza qualificata cui è vincolato, anche nella sola ipotesi di colpa lieve.

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Addebito separazione: le foto dell’investigatore sono prova valida dell’infedeltà.

La relazione investigativa diretta a dimostrare l’infedeltà coniugale rientra tra le prove atipiche liberamente valutabili nel giudizio civile ai sensi dell’art. 116 c.p.c., di cui il giudice è legittimato ad avvalersi, atteso che nell’ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova. In particolare, le eventuali fotografie a corredo della relazione hanno l’efficacia probatoria prevista dall’art. 2712 c.c. e, anche ove disconosciute espressamente, possono essere comunque utilizzate dal giudice, che può accertarne la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.

Quanto appena indicato è stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione civile, sez. I, sentenza 14 febbraio 2024, n. 4038, i Giudici Ermellini hanno specificatamente statuito che: “(…) In materia di procedimento di separazione, al fine dell’addebito il giudice può utilizzare la relazione scritta di un investigatore privato corredata da riproduzioni fotografiche poiché la relazione deve ritenersi prova atipica ammissibile e suscettibile di valutazione ex art. 116 c.p.c. e le riproduzioni fotografiche sono espressamente utilizzabili ex art. 2712 c.c., anche in presenza di disconoscimento della parte contro la quale il materiale fotografico viene prodotto. (…)”.

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Contratto di lavoro: le variazioni dell’orario vanno concordate con il lavoratore.

La giurisprudenza è concorde nell’asserire che in caso di mancata contrattazione per l’applicazione dell’orario part time, il contratto si considera full time ab origine.

Pertanto, tutte le eventuali modifiche inerenti all’orario di lavoro devono essere preventivamente concordate con il lavoratore, in caso contrario, ovvero nel caso in cui la modifica avvenga unilateralmente dal datore di lavoro, la stessa sarà priva di efficacia.

La Suprema Corte di Cassazione, nel caso di specie mediante l’ordinanza del 18 ottobre 2023, n. 28862, ha avuto modo di ribadire che il rapporto di lavoro subordinato si presume costituito full time e così va qualificato sul piano giuridico salvo che il part time non derivi da un accordo scritto, forma richiesta ad substantiam.

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La carriera di lui giustifica l’aumento dell’assegno divorzile a favore di lei disoccupata.

Affinché venga disposto l’assegno divorzile in favore del coniuge, dovrà essere effettuata una stima comparativa delle condizioni economico-patrimoniali di entrambi i coniugi.

Detta valutazione, si fonda sul contributo fornito dal coniuge richiedente inerente alla conduzione della vita familiare, nonché alla formazione del patrimonio comune e di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

La Suprema Corte di Cassazione ha infatti statuito che: “(…) Il riconoscimento dell’assegno divorzile richiede una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, che tenga conto del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. Ne consegue che il giudice che abbia riconosciuto il diritto all’assegno divorzile anche per la funzione compensativa e perequativa, in considerazione dell’assunzione del richiedente in via esclusiva dei compiti di cura familiare e dei figli, è tenuto anche a valutare ed illustrare l’effettiva situazione patrimoniale e reddituale del coniuge in relazione alla quale, una volta accertato l’an, l’assegno va quantificato, previo raffronto con le contrapposte condizioni economiche e comunque dando conto della misura in cui le differenti voci (assistenziale, compensativa, perequativa) incidono nella sua determinazione. (…)” (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 23 novembre 2023, n. 32610).