La qualifica di bene di interesse particolarmente importante non impedisce al proprietario di richiedere lo sfratto al conduttore.
Quanto indicato, prende le mosse dalla notifica dell’atto di intimazione di sfratto per finita locazione, a cui il conduttore si opponeva eccependo il vincolo di natura amministrativa, a detta del quale, coinvolgeva, oltre all’immobile, anche gli arredi e la licenza di esercizio, per cui, sosteneva l’impossibilità di accoglimento della domanda rassegnata dalla proprietà.
La Suprema Corte di Cassazione, non ha ritenuto fondata la tesi del conduttore ed ha chiarito che: “(…) Qualora un bene immobile, per il quale sia stato stipulato un contratto di locazione ad uso commerciale, risulti classificato, in base ad un provvedimento amministrativo emesso ai sensi degli artt. 1 e 2 della L. 1° giugno 1939, n. 1089, quale bene di interesse particolarmente importante, determinandosi in tal modo un vincolo artistico e culturale non soltanto sull’immobile, ma anche sugli arredi, le decorazioni, i cimeli storici e la relativa licenza di esercizio, la sussistenza di tale vincolo non si traduce, per il proprietario, nel divieto di intimare al conduttore la licenza per finita locazione, ma soltanto nell’obbligo di garantire la continuità della destinazione del bene nei termini indicati dal provvedimento istitutivo di quel vincolo. (…)” (Cass. civ., Sez. III, 15 luglio 2024, n. 19350).
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Se il termine per opporre il decreto ingiuntivo scade di sabato, qual è il termine ultimo per impugnare?
Il Tribunale di Pescara, si è trovato a dirimere una questione avente ad oggetto una opposizione al decreto ingiuntivo il cui termine ultimo scadeva nella giornata di sabato.
Veniva evidenziato, in particolare, che la notifica del decreto ingiuntivo opposto si perfezionava per la debitrice in data 22 maggio 2023, mentre la notifica dell’atto di opposizione veniva effettuata solo in data 3 luglio 2023 e, pertanto, oltre il termine di 40 giorni dalla notifica citato decreto ricadente nella giornata di sabato 01 luglio 2023, conseguentemente il creditore eccepiva la tardività dell’opposizione.
Il Tribunale di Pescara, accoglieva la tesi del creditore asserendo che: “(…) Tale notifica deve ritenersi avvenuta oltre il termine perentorio di 40 giorni fissato dall’art 155 c.p.c. e ciò in virtù dell’applicazione, al caso de quo, del comma 6 dello stesso articolo.
Invero, mentre il comma V° dell’art. 155 c.p.c. statuisce il differimento della proroga del termine per il compimento degli atti processuali svolti fuori udienza, il comma VI° dello stesso articolo considera il sabato giornata lavorativa a tutti gli effetti, confermando il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria anche eseguita da ausiliari.
La proroga contenuta nel V° comma, riguarda unicamente gli atti compiuti fuori dell’udienza non dovendosi ricomprendere in tali atti tutte le attività giudiziarie che possono essere svolte nella giornata di sabato.
La notificazione eseguita dall’Ufficiale Giudiziario è da considerarsi, pertanto, attività che l’ausiliario può svolgere nella giornata di sabato trovando applicazione in questi casi il criterio di cui all’art. 155 comma VI°.
Per completezza, giova ricordare che ai sensi dell’art 1 dell’ordinamento, gli ufficiali giudiziari addetti agli Uffici Notificazioni esecuzioni e protesti degli uffici giudiziari sono ausiliari dell’ordine giudiziario. Essi procedono all’espletamento degli atti loro demandanti quando tali atti sino ordinati dall’autorità giudiziaria o siano richiesti dal cancelliere o dalla parte (Tribunale di Bari 2207/2021; tribunale di Milano 2918/11; Tribunale di Enna del 2011).
Tali considerazioni trovano ulteriore conferma nel caso di specie ove la notificazione è avvenuta telematicamente, via pec, utilizzando dunque un’attività di notifica che ai sensi dell’art 5 comma 2 DM 163/13, che può essere effettuate 24 ore su 24, tutti i giorni inclusi i festivi.
In conclusione rilevata l’intempestività dell’opposizione per essere stata proposta oltre i termini di legge, va dichiarata inammissibile, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo emesso (…)” (Tribunale di Pescara, Sent. n. 114/2024 R.G.: 2420/2023, pubblicata il 19 gennaio 2024).
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Divisione giudiziale, quando si può parlare di “comoda divisibilità”?
La giurisprudenza è concorde nell’asserire che il concetto di “comoda divisibilità” di un immobile a cui fa riferimento l’art. 720 c.c. postula non solo la possibilità materiale di ripartizione tra i condividenti, ma anche la sua attitudine a una ripartizione da cui derivi a ciascun condividente un bene che non subisca particolari limitazioni funzionali, evitando così che ai partecipanti vengano assegnate porzioni inidonee alla funzione economica dell’intero.
In altri termini, la comoda divisibilità del bene in comunione presuppone, sotto l’aspetto strutturale, che il frazionamento dello stesso sia attuabile mediante la determinazione di quote concrete, suscettibili di autonomo e libero godimento che possano formarsi senza dover fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi; mentre, sotto l’aspetto economico funzionale, richiede che la divisione non incida sull’originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell’intero, tenuto conto della usuale destinazione ed utilizzazione del bene stesso (cfr. Cass. n. 1738 del 2002 e 14540 del 2004, Tribunale di Marsala R.G.: 879/2019, Sent. 950/2022).
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Quando può essere concessa l’indennità di accompagnamento all’invalido civile.
L’indennità di accompagnamento spetta agli invalidi civili totali per i quali è stata accertata l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore oppure si trovino nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita.
Sul punto la Suprema Corte di Cassazione è univoca nell’affermare che: “(…) ai fini dell’attribuzione dell’indennità di accompagnamento, la nozione di “incapacità a compiere gli atti quotidiani della vita” comprende chiunque il quale, pur potendo spostarsi nell’ambito domestico o fuori, non sia per la natura della malattia in grado di provvedere alla propria persona o ai bisogni della vita quotidiana, ossia non possa sopravvivere senza l’aiuto costante del prossimo, riferendosi la nozione di soggetti che “abbisognano di un’’assistenza continua”, cui alla L. n. 18 del 1980, art. 1, anche a coloro che, a causa di disturbi psichici, non siano in grado di gestirsi autonomamente per le necessità della vita quotidiana (Cass. n. 667 del 2002). (…)” (Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., 15 gennaio 2015, n. 546).
I Giudici Ermellini hanno inoltre chiarito che: “(…) Ai fini del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri va intesa non solo in senso fisico, ossia come mera idoneità ad eseguirli materialmente, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata e l’importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica, dovendosi parametrare la stessa non sul numero degli elementari atti giornalieri, ma, soprattutto, sulle loro ricadute in termini di incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona, sicché anche l’incapacità di compiere un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e l’imprevedibilità del loro accadimento, attestare la necessità di una effettiva assistenza giornaliera. (…)” (Cass. civ. Sez. VI – Lavoro Ord., 27 novembre 2014, n. 25255).
È stato ulteriormente specificato che: “(…) Le condizioni previste dall’art. 1 legge n. 18/1980 (come modificato dall’art. 1, comma 2, legge n. 508/1988) per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento consistono, alternativamente, nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza. Ai fini della valutazione non rilevano episodici contesti, ma è richiesta la verifica della loro inerenza costante al soggetto, non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano, ovvero della necessità di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana rilevando, quindi, requisiti diversi e più rigorosi della semplice difficoltà di deambulazione o di compimento degli atti della vita quotidiana e configuranti impossibilità (Cassazione civile sez. lav., 2 ottobre 2014, n.20825; nello stesso senso Cassazione civile sez. lav., 30 marzo 2011, n.7273 ).